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A Sua ILL.ma Eccellenza Sign. Ministro dell'Interno - Pref. Dssa Lamorgese,
In data 19 dicembre 2019 il Viminale visto forse le numerose bozze di riforma del comparto sicurezza privata presentate da vari soggetti coinvolti a vario titolo, ha dimenticato ad esempio, l’atto denominato “Mille Occhi sulla Città”, protocollo d’intesa nato per iniziativa del Ministero dell’interno, in tema di pubblica sicurezza, che interessa tutto il territorio nazionale, incipt basale per gli enti locali, alle prese con le criticità dei territori in tema di sicurezza pubblica integrata, pertanto ha emanato una circolare assurda sotto ogni punto di vista, in tema di sicurezza pubblica integrata ed economica.
Il protocollo dimenticato è stato avviato nel 2010, stipulato inizialmente tra il ministero, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani e le varie associazioni del settore degli istituti di vigilanza privata, al quale hanno poi aderito anche le prefetture, come ad esempio è avvenuto per la provincia di Roma.
Il fulcro di detto protocollo è che gli istituti si impegnano nell’ottica della sicurezza complementare a collaborare con le forze dell’ordine segnalando ogni anomalia rilevata che possa interessare l’ordine pubblico, non solo i reati perseguibili d’ufficio (obbligo già sancito dal codice penale per gli incaricati di pubblico servizio), ma anche fatti che possono pregiudicare la sicurezza urbana, stradale o i servizi pubblici essenziali, come eventuali fattori di degrado ambientale o sociale disponendo inoltre sinergia tra le centrali operative e garantendo la trasmissione di dati e informazioni utili.
Si precisa che tali obblighi vigono solo per gli istituti firmatari, altra anomalia tutta italica, per gli altri valgono le disposizioni generiche del codice penale per gli incaricati di pubblico servizio e le disposizioni del DM 269/2010 sulla segnalazione al Questore di notizie sui fatti costituenti reato, di cui le guardie giurate hanno avuto cognizione nel corso dell’espletamento del servizio, nonché ogni altra informazione degna di particolare attenzione per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Per gli addetti ai lavori, ciò, rappresentava un primo passo verso la riforma del comparto sicurezza privata, come ad esempio un TUSSC testo unico sicurezza sussidiaria e Complementare, emendato in appendice al TULPS, essendo successivo al riconoscimento della qualità di incaricato di pubblico servizio, in favore del contributo alla sicurezza nazionale, come già cassato, in sinergia con gli operatori istituzionali integrando così ogni soggetto pubblico e privato, realizzando quindi un moderno sistema di sicurezza urbana e nazionale al passo dei tempi, sempre più bui, perché è bene ricordare al Governo, che un territorio poco sicuro non è appetibile sotto il profilo economico, quindi è condannato alla recessione, oltre ad altri rischi (Cit. Compendio Istituto Superiore Amministrazione Ministero dell' Interno - Scarpelli).
Altresi credo sia utile sottolineare il concetto di seguito, sempre acquisito dallo stesso materiale "didattico", seppur già noto alla sua Illustrissima Eccellenza.
La polizia di prossimità incarna il concetto di una «sicurezza partecipata», che si estende oltre i fatti penalmente rilevanti, sino a comprendere manifestazioni di diverso genere, ma che incidono sulla tranquillità sociale e sulla percezione stessa della sicurezza, con ciò cosa si vuol dire:
-nelle moderne società occidentali, visto l’alto livello di complessità interna delle medesime, un’efficace opera di prevenzione penale o dei fenomeni devianti, necessita del concorso fattivo di tutti i soggetti – pubblici e privati – per privati intendasi quelli autorizzati, cioè gli operatori del comparto sicurezza "privata", le Guardie Giurate già Incaricati di Pubblico Servizio, che con il loro intervento possono rendere più efficace il lavoro delle forze di polizia, realizzando così il modello di sicurezza integrata secondo i dettami del protocollo internazionale Homeland Security.-
Per questo la polizia «di prossimità» può rappresentare il primo passo per la realizzazione della polizia «di comunità», intesa come la reale collaborazione di tutte le istituzioni responsabili di qualche aspetto della “sicurezza sociale”, evitando la compartimentazione tra gli enti territoriali, preposti alla prevenzione sociale e quelli deputati alla prevenzione e repressione criminale (Forze di Polizia a competenza generale, Prefetture, Magistratura), è avvertita da tutti i livelli della società civile.
Quindi come si evince da questa analisi, visto la recrudescenza della microcriminalità, cancro del tessuto sociale urbano, visto il sempre più crescente rischio di fenomeni terroristici, visto la necessità di aumentare la sicurezza territoriale per una veloce ripresa economica, nel principio di Safety e Security, è necessario essere lungimiranti e guardare oltre, cosa che non si è fatta con la circolare del 19 us qui intesa riscritta, la quale dimentica altri atti precedenti sia di diritto che normativo, tra i quali l’obbligo di denuncia/segnalazione di ogni reato perseguibile di ufficio, obbligo che è intrinseco appieno nel concetto di collaborazione nel controllo del territorio ai fini della sicurezza urbana.
La circolare de equo, qui intesi riscritta come anzidetto, è una "follia" istituzionale sotto il profilo tecnico giuridico, perché gli obblighi derivanti dalla qualità di incaricato di pubblico servizio, nella fattispecie inerenti l’opera delle GPG-IPS durante il loro turno di servizio, come anzidetto, possono rientrare, anzi rientrano nel principio di controllo del territorio essendo un obbligo di legge e non una facoltà, quindi la circolare è contraria alla legge vigente esprimendo un limite / ordine contrastante, ponendo non solo in confusione ancor più gli operatori, ma soprattutto li pone a rischio di un illecito penale qualora durante l’espletamento del servizio incorressero in tali omissioni, in quanto obbligo di legge.
A tal fine è necessario specificare ulteriormente come con l’espressione sicurezza sussidiaria si intendono quelle attività rivolte ad evitare danni o pregiudizi alla libera fruizione dei beni, anche immateriali, svolte da soggetti privati (autorizzati), ad integrazione di quelle assicurate dagli ufficiali e dagli agenti di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, e che la legge non riserva alla forza pubblica o a soggetti investiti di pubbliche funzioni.
La nozione generale di sicurezza sussidiaria si riferisce ad interessi che, proprio per la circostanza di essere diversi da quelli primari, non postulano l’esercizio di speciali poteri autoritativi o coercitivi e, pertanto, possono essere assegnati, sia pure a certe condizioni e con l’osservanza di certi limiti, non alla forza pubblica ma a soggetti privati (autorizzati).
La sicurezza sussidiaria può avvalersi, conseguentemente, del concorso offerto dagli istituti di vigilanza privata e di investigazione privata nonché dell’ausilio delle guardie particolari giurate.
Si determina, così, un deciso sviluppo delle attività di sicurezza esperibili da soggetti privati, idoneo a valorizzare ed implementare le professionalità di settore.
Tra l’altro, tale contributo integrativo, oltre a rendere più proficua l’attività complessiva di vigilanza e controllo del territorio, consente il recupero di forze di polizia da destinare a compiti diversi, così concorrendo tutti insieme alla polizia di prossimità in un sistema di sicurezza integrato e proattivo.
Altresi giova ricordare le origini del sistema della sicurezza sussidiaria possono farsi risalire alla Legge di Pubblica Sicurezza 20 marzo 1865, n. 2248, che costituisce il primo riconoscimento, da parte dello Stato unitario, della possibilità di ricorrere all’utilizzo di soggetti privati ai fini della vigilanza e della custodia di beni immobili.
L’art. 7 della Legge suddetta, più precisamente, permetteva ai privati di “deputare guardie particolari per la custodia delle loro terre”, previa approvazione dell’autorità prefettizia.
La legislazione successiva, sino al primo decennio del secolo scorso, si è concretizzata in una serie di interventi attraverso i quali è andato, progressivamente, consolidandosi un vero e proprio diritto dei cittadini di ricorrere a soggetti privati per la vigilanza e la custodia dei beni di loro proprietà; in tale periodo, si è anche delineato lo status giuridico delle guardie giurate.
In particolare, la L. 21 dicembre 1890, n. 7321 ha esteso la possibilità di ricorrere a soggetti privati anche da parte dei Comuni e dei “Corpi morali”; la L. 31 agosto 1907, n. 690 (Testo Unico sugli Ufficiali ed Agenti di pubblica sicurezza) ha riaffermato tale possibilità, riconoscendo ai singoli cittadini, ai Corpi morali e ai Comuni la possibilità di richiedere, per la custodia delle loro proprietà, l’approvazione della nomina di “guardie particolari giurate”.
Con il successivo R.D. 4 giugno 1914, n. 562, sono stati regolamentati gli “istituti di vigilanza e custodia della proprietà mobiliare ed immobiliare altrui”.
La produzione normativa sviluppatasi nel ventennio mussoliniano si rivela di notevole importanza per la comprensione dell’evoluzione complessiva della disciplina degli istituti di vigilanza privata. Il Titolo IV del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza approvato con R.D. 6 novembre 1926, n.1848 ha fatto definitiva chiarezza sulle categorie giuridiche utilizzabili ai fini del corretto inquadramento delle guardie particolari giurate ed ha provveduto ad un riordino sistematico della normativa stratificatasi, in precedenza, in maniera piuttosto alluvionale.
Le norme contemplate nel richiamato R.D. finiranno, poi, per essere quasi integralmente riprodotte nel T.U.L.P.S. approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773 e nel relativo Regolamento di esecuzione, approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635, che, come è noto, costituiscono l’ordinamento ancora oggi vigente, sino poi ad arrivare agli obblighi di legge attuali con la qualità di incaricato di pubblico servizio.
Secondo un ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale, inoltre, le guardie particolari giurate assumono la qualità di pubblici ufficiali allorché si trovino ad esercitare funzioni di polizia giudiziaria o allorché prestino la loro opera a richiesta dell’autorità, secondo quanto espressamente disposto dall’art. 139 T.U.L.P.S. nonché da numerosi atti passati in giudicato tra Cassazione e Consiglio di Stato, forse dimenticati nella circolare del 19 dicembre 2019?
E’ evidente che le predette qualificazioni tendono a corroborare la tutela penale dei soggetti che svolgono il pubblico servizio o per circostanze ad assumere tali qualificazioni seppur pro tempore da parte di soggetti terzi.
“La sicurezza non è tanto uno stato di quiete, un equilibrio da proteggere mediante la prevenzione e la repressione delle azioni destinate a turbarlo; nei tessuti urbani dominati dall’insicurezza, la sicurezza è piuttosto una percezione cui tendere attraverso l’azione congiunta dei soggetti chiamati a produrla” -
M.Bouchard, Le risposte possibili alla criminalità diffusa - Violante.
Quindi in conclusione,
La circolare ultima è un atto "grave" che annulla ogni processo di ammodernamento del sistema sicurezza italiano, annulla ogni sforzo posto in essere dagli Istituti ed ogni sacrificio degli operatori, che sono stanchi di essere alla mercé di un sistema che li odia e sfrutta, gli stessi attendono da anni una giusta riforma, senza dimenticare il tributo in tema di sangue.
Le Guardie Giurate D’Italia non sono figli di un Dio minore, le Guardie Giurate meritano rispetto come tutti gli operatori delle Forze Dell’Ordine, come ogni lavoratore, perché anche loro ogni giorno si sporcano le mani in questa società contribuendo con il loro operato ed a volte sacrificio al sistema di garanzia e tenuta dello Stato Democratico della Repubblica Italiana, il loro sangue è uguale a quello degli operatori istituzionali e di ogni altro cittadino.
Auspicando un Vs Illustre interessamento, forte anche dei suoi precedenti ruoli istituzionali, nell'auspicio di aver fatto cosa gradita con questa umile riflessione, mi è gradita l'occasione per porgere a Sua Eccellenza i miei più cordiali saluti.
ONE WORD ONE VISION
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EP
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